28 marzo 2016

Parlami d'amore

Vi è mai capitato di innamorarvi di un libro?
Intendo proprio fisicamente di un libro, dell'oggetto. Sarà che Parlami d'amore l'ho atteso tanto, tantissimo e già temevo che fosse andato disperso nei meandri di qualche magazzino di Poste Italiane, ma quando l'ho avuto tra le mani è stato un colpo di fulmine.

Parlami d'amore è un libro piccino, con la copertina ruvida bella da accarezzare, bianca e nera e con quel bel titolo rosso. E poi in copertina c'è lui, Pedro Lemebel (il mio Pedro, lo stesso Pedro che ha scritto quel gioiello di Ho paura torero!): se ne sta lì appeso ad un palo, a guardare il mondo dall'alto con uno sguardo incuriosito. E io, che son la regina dei film mentali, ho pensato che forse anche lui era una principessa (sicuramente era una Fata) che se ne sarebbe stata volentieri tra i rami di un ciliegio a guardar giù...
Una foto pubblicata da Federica (@federica_zucca) in data:

Parlami d'amore è una raccolta di cartoline dal mondo: si parte da Helsinki "dove anche i poveri hanno la barca", si passa per Roma e la sua storia millenaria che fa da sfondo a mille storie d'amore, si va a L'Avana con le grandi manifestazioni a favore dei diritti dei lavoratori e si giunge al mio amato Cile, dove i diritti venivano negati sistematicamente.

Parlami d'amore è un insieme di cronache dal mondo unite dal filo rosso della passione per l'arte, per le storie d'amore che si consumano velocemente, per chi rivendica i propri diritti, per chi vuole essere una fata e deve scappare continuamente.
Pedro Lemebel aveva il dono di raccontare la vita, le passioni, senza giri di parole anche nelle situazioni più crude, ma con una tenerezza che fa brillare gli occhi.

E questo libricino di piccoli racconti dal e del mondo è un cioccolatino un po' amaro, ma imperdibile per chi come me ama Lemebel.

24 marzo 2016

Piccoli combattenti


La storia dei desaparecidos argentini mi affascina da sempre, da prima di andare a vivere in Argentina.
Quando son stata a Buenos Aires ci ho tenuto tanto ad andare a visitare l'ESMA, la scuola militare che nell'indifferenza e sotto gli occhi ditutti era diventata un centro di detenzione illegale.

Ho letto svariati libri sul tema: biografie, storie di nonne e madri instancabili alla ricerca della verità, romanzi in cui i protagonisti son giovani che scoprono di essere stati adottati da persone implicate nella morte dei loro genitori, giovani costretti all'esilio in altre parti del mondo. Non mi ero però mai soffermata su che cosa abbia significato quella guerra silenziosa per i bambini già abbastanza grandicelli per capire che stava succedendo il "peggio" ma che non potevano sapere che cosa fosse esattamente questo "peggio".

Raquel Robles ha una storia simile a quella della protagonista del libro, anche se non è un'autobiografia: anche i suoi genitori son stati desaparecidos e pure lei è cresciuta senza sapere che fine avessero fatto, solo potendo intuirlo.

Nel leggere la biografia di Estela Carlotto, la presidentessa delle Nonne di Plaza de Mayo, mi aveva colpito molto la dichiarazione di un militare che, sotto processo, aveva spiegato che loro erano buoni cristiani, quindi non avrebbero mai ucciso un neonato ma anzi lo salvavano da famiglie che lo avrebbero cresciuto con un'ideologia malata. Che brave persone!
La Robles narra la vicenda di due bambini che, in attesa  in assenza dei genitori, provano a mantenere viva la lotta e formano un nucleo di resistenza segreto.
I due bambini vivono immersi nel dolore delle nonne che hanno perso i figli e l'amore degli zii che provano a dar loro una vita il più possibile normale, in un contesto dove due bambini vengono privati dei genitori nel cuore della notte senza poterli nemmeno salutare.
E' un mondo dove all'esterno tutti fingono che non stia capitando assolutamente nulla e all'interno delle mura di casa nessuno ha il coraggio di dire che il peggio significa che i loro genitori sono morti.

Oggi 24 marzo in Argentina si celebra il giorno della memoria: una memoria che cammina sulle gambe delle instancabili madri che a distanza di 40 anni continuano a cercare giustizia per i loro figli e dei figli che cercano la verità su quello che è accaduto ai loro genitori e delle nonne che vogliono ritrovare i neonati strappati alle loro figlie e nuore.

12 marzo 2016

I gatti non hanno nome

I gatti non hanno nome è uno di quei libri con il titolo geniale che se capiti in libreria li prendi in mano per forza. In più lo consigliava anche la lettrice rampante ed è ambientato a Santo Domingo, il mio primo amore di quando ci ho scritto una tesi sulla Repubblica Dominicana -senza mai ahimè andarci-: non ho resistito e l'ho comprato.

La protagonista è una ragazzina che trascorre l'estate lavoricchiando nella clinica veterinaria dello zio mentre i suoi genitori sono in vacanza in Europa. Questa è quella famosa Estate con la E maiuscola, quella in cui inizi a chiederti chi sei e cosa vuoi, e lei deve affrontarla lontana dai suoi genitori che son in vacanza in Europa e l'hanno affidata ad una zia nevrotica e uno zio veterinario decisamente strano.

C'è poi la vicenda di un'isola, Hispaniola, divisa tra la poverissima Haiti e una più benestante Repubblica Dominicana. Haiti, per quel che ne so io, è l'inferno, un posto dove vivere dignitosamente è impossibile e per lavorarci ci va tanto coraggio. La Repubblica Dominicana non è quella patinata dei resort, tutto palme-mare-cibointernazionale, ma è un posto dove si sta decisamente meglio e dove gli immigrati haitiani son considerati scimmie e rifiuti umani.

Ammetto che non mi è piaciuto come invece mi aspettavo: un romanzo colloquiale dove, specialmente all'inizio, non riuscivo a capire dove sarebbe andata a parare.
Ho però molto apprezzato il modo delicato, ma deciso, con cui si tratta il tema della ricerca dell'identità: questa ragazzina senza nome, che parla sempre in prima persona, non sapendo chi è, è ossessionata dalla ricerca del nome perfetto del proprio gatto. La gatta, per la cronaca, invece sa benissimo chi è e se ne frega del nome con cui la chiamano!



09 marzo 2016

45 anni

Manca una settimana alla festa per l'anniversario di matrimonio di Geoff e Kate: 45 anni non è uno di quegli anniversari classici da festeggiare ma loro ci tengono tanto.

45 anni sono una vita intera, passata insieme fianco a fianco a condividere gioie e dolori. Però Geoff aveva una vita anche prima di incontrare sua moglie ed era una vita riempita da Katja, una giovane donna che è morta cadendo in un crepaccio durante una cordata su un ghiacciaio svizzero.

Ad una settimana dal suo anniversario di matrimonio Geoff apprende che dopo tanti anni il ghiacciaio ha restituito il corpo del suo primo amore, di cui non aveva mai davvero parlato alla moglie.

Ora che sapete la trama,cosa vi aspettereste dal film?
Di sapere chi fosse questa ragazza-Bofrost (sì son pessima, ma lei è rimasta 50 anni congelata suvvia!), no?
Dai un po' di voyeurismo -il minimo sindacale- non ce lo vogliamo mettere e fare un bel primo piano di lei che fluuuc casca e muore?

Ed invece il regista sceglie di lasciare tutto lì com'è, tra le quattro mura della casa inglese di Geoff e Kate.

Risultato: film lento, piatto, di una noia mortale.

Un film che aveva delle ottime premesse, che poteva sviluppare bene l'arcinoto tema di come tutti i nodi vengano al pettine prima o poi,
Se sarete fortunati vi addormenterete presto, se no rimarrete  svegli per un'ora e mezza sperando che un infarto li ammazzi entrambi e buonanotte!

07 marzo 2016

Le ragazze che viaggiano da sole

Non sono solita scrivere un post per l'8 marzo perché non è mia abitudine festeggiare la Festa della donna. Quest'anno è diverso però, perché c'è la storia -brutta- di due ragazze argentine, di Mendoza, che mi ha colpito molto. Sui media italiani non ne ho trovato quasi traccia (qui un post dell'Huffington) ma sui giornali argentini, ovviamente, è diventato un argomento di discussione.
Marina Menegazzo e Maria Josè Coni

Queste due ragazze mendocine erano in vacanza insieme e son state assassinate da due ecuadoregni. La storia bruttissima non è molto originale: purtroppo può capitare ad un turista di essere una preda più facile per i delinquenti del posto o che una donna, anche nella sua città, sia la vittima prediletta dei balordi. L'8 marzo quest'anno bisognerebbe festeggiarlo a Colonia, anche se credo che sarebbe troppo semplicistico far finta che quelli siano problemi legati solo ed esclusivamente al rapporto donna/islam.

I media argentini -e ho ragione di pensare che anche quelli italiani avrebbero fatto lo stesso, magari solo in modo più velato- si son subito scatenati: cosa ci facevano due ragazze così giovani in giro da sole? Perché i genitori hanno permesso loro di fare un viaggio da sole? Perché si son messe in viaggio senza un ragazzo al vostro fianco? Allora belle mie ve la siete cercata!

Quante volte ho sentito dire a delle bambine (italiane) che dicevano che da grandi avrebbero voluto fare qualcosa o andare a vedere un posto "ti ci porta poi il fidanzato" e mai una volta ho sentito fare lo stesso discorso ad un maschietto. Senza nessuna malizia, senza pensarci, ma è palese che siamo abituati a pensare così e le nostre parole pesano molto più di quello che pensiamo di pensare.
Murales a Castro, Isola di Chiloè - Cile
Io non sono mai stata una mochilera, una parola spagnola che indica chi viaggia con lo zaino in spalla e di cui non trovo una traduzione italiana che renda l'idea, tanto che prima dei viaggi in Argentina non avevo mai neppure dormito in un ostello. La prima volta che ho incontrato una ragazza che stava finendo il suo servizio civile e mi aveva raccontato del bel viaggio che si era fatta in Patagonia da sola  avevo pensato "tosta", ma non mi era neanche passato per l'anticamera del cervello di poterlo fare anche io.
Le circostanze mi hanno poi convinta che se volevo visitare il paese in cui mi trovavo o diventavo super socievole e mi azzeccavo a qualcuno o mi sarei dovuta muovere da sola.
I primi passi li ho fatti con il terrore e l'incertezza di chi impara a camminare su tratti brevi e già battuti, poi mi son lanciata nel lungo viaggio patagonico.
#niunamenos la campagna lanciata in Argentina contro il femminicidio
Disegno di Ricardo Siri Liniers

Ho imparato a cavarmela da sola, a scegliere da sola, a sbagliare da sola, ad essere triste da sola, ad essere felice anche da sola. Forse erano cose che già sapevo fare, che un po' già avevo in me e che dovevano solo trovare il modo di sbocciare.
Ho imparato a pensare da sola o forse semplicemente ad essere consapevole di saperlo fare.

E ho imparato che oggi, nel 2016, è una cosa che fa terribilmente paura.
E vorrei condividere con voi l'ultima parte di una toccante lettera aperta che una ragazza paraguayana ha scritto per dar voce a Marina e Maria José:
Mi dispiace non essere più qui, ma ci siete voi. E siete donne. Vi chiedo per me e per tutte le altre alle quali hanno negato vita e sogni, di alzare la voce. Lottiamo insieme, io con voi, con il mio spirito, e vi prometto che un giorno non ci saranno abbastanza sacchi per metterci tutte a tacere.



05 marzo 2016

La ragazza del treno


Edward Hopper,
Compartment C, Car 293
-Buon compleanno! e questo è per te: ti ho proprio pensata quando l'ho vista.

Era ottobre, lavoravo all'Expo, facevo la pendolare ed avevo appena scartato un pacchetto che conteneva La ragazza del treno, ormai da mesi sempre in classifica.
Ringrazio, apro e sbircio la trama... "La vita di Rachel non è di quelle che vorresti spiare. Vive sola, non ha amici, e ogni mattina prende lo stesso treno, che la porta dalla periferia di Londra al suo grigio lavoro in città. Quel viaggio sempre uguale è il momento preferito della sua giornata".

Che si fa in questi casi? Sorrido e ringrazio per aver pensato proprio a me... Son passati i mesi e finalmente è arrivato il turno di leggere questo libro così chiacchierato (ho un comodino che rischia di sfondarsi ahimè!).

La prima premessa è che io non sono una lettrice di libri gialli, quindi il mio non è un parere da lettrice del settore ma da lettrice-semplice e pure non troppo sveglia.
A me è piaciuto, bando alle ciance faccio che dirlo: l'ho trovata una lettura coinvolgente, di quelle che ti tengono con il fiato sospeso, che ti incuriosiscono.

Forse l'ho sentito vicino a me perché la vita della pendolare, quella di chi passa un sacco di tempo a guardare fuori dai finestrini (o nel mio caso spesso a dormire) è stata la mia anche per molto tempo.
Al momento non bevo come una spugna come Rachel, la protagonista, ma anche io tendo a farmi mille castelli in aria, film mentali infiniti... e Rachel guardava fuori dal finestrino e tutti i giorni vedeva una coppia innamoratissima in una casa lungo la ferrovia. Si sa che l'erba del vicino è sempre più verde e quelli sono i nuovi vicini del suo ex marito e della sua nuova compagna, che son andati a vivere in quella che era stata la sua casa. Un giorno, all'improvviso, la ragazza della casetta scompare e Rachel, anche se non l'ha mai conosciuta di persona, sente che deve confessare quello che aveva intravisto il giorno della scomparsa attraverso il suo finestrino: la bella ragazza aveva un amante.
Rachel proverà ad improvvisarsi investigatrice, ma la sua condizione di depressa alcolizzata e che soffre di amnesia renderà molto difficoltoso il suo lavoro.

Le copertine de La ragazza del treno
E' un giallo tutto rosa: non perché sia edulcorato o zuccheroso, ma perché le voci narranti e protagoniste di questo giallo sono 3 donne legate dall'aver vissuto nella stessa via dello stesso sobborgo di Londra. 3 donne con un carattere ed una storia molto diversa, ma molto più vicine di quello che credono.

02 marzo 2016

Single ma non troppo

Una foto pubblicata da Federica (@federica_zucca) in data:

Single ma non troppo è il titolo del libro che Julie, la protagonista del libro, ha deciso di scrivere: How to be single, nella versione originale, dovrà essere una guida su come vivere la propria zitellaggine con dignità, cosa che le newyorchesi non sanno fare.

Se il titolo Single ma non troppo vi suona familiare è perché da poco ci hanno tratto un film, che è uscito per San Valentino, e che io non ho visto. Il libro è scritto da Liz Tuccillo, una sceneggiatrice di Sex and the city e autrice di La verità è che non gli piaci abbastanza. Ovviamente è un'americanata, un libro leggero a tratti un po' esagerato ma di quelli che si fanno leggere tutto d'un fiato.

Julie si rende conto che ormai lei e le sue amiche quasi quarantenni sono single per mille mila motivi (chi è stata lasciata dal marito per una zoccoletta più giovane, chi non si riprende da una delusione, chi ci ha messo una pietra sopra ecc) e stanno vivendo molto male questo momento.

Julie dopo una serata dal finale disastroso deciderà di lasciare le sue amiche a New York e di iniziare il suo giro del mondo:
e mi sentivo come Angela Lansbury nella Signora in giallo. Ovunque lei andasse, anche per una vacanza, inciampava sempre in un omicidio. Ovunque io andassi, avevo a che fare con una relazione finita male.
Stiamo parlando di un romanzo rosa, non di un trattato di sociologia, ma è divertente capire come si vive la stessa situazione con occhi differenti in diverse parti del mondo: in Australia a quanto pare mancano gli uomini, mentre in Cina ci dicono che mancano le donne... come sarà lì la vita di una donna single? E se a Rio non è difficile trovare un fidanzato, come si vivrà la questione dei matrimoni combinati in India? Parigi è davvero la città dell'amore romantico? E noi italiane siamo davvero così passionali come ci dipingono?
Mappa creata grazie all'app Cityteller

E' un libro carino da regalare all'amica single che si lamenta di non trovare un fidanzato decente o a quella che non sopporta più di sentirsi  domandare "perché non hai un fidanzato?".
Magari non è adatto per l'amica sul depresso andante perché se è vero che c'è un bel messaggio di fondo, forse 400 pagine di sfighe amorose intercontinentali potrebbero essere controproducenti.